Nella conservazione del patrimonio architettonico italiano, il monitoraggio delle dispersioni termiche rappresenta un passo fondamentale per l’efficienza energetica e la tutela del bene culturale. La tecnica del rilevamento termico con droni, ulteriormente affinata al livello Tier 3, consente di identificare con alta precisione perdite di calore attraverso analisi radiometrica avanzata, integrando dati multispettrali e GIS per garantire interventi mirati e non invasivi. Questo approfondimento dettagliato, ispirato al Tier 2 “Principi fisici del flusso termico e compatibilità architettonica”, esplora la procedura operativa completa, dalla pianificazione alla produzione di report azionabili, fornendo indicazioni tecniche specifiche, checklist pratiche e best practice per superare le peculiarità del contesto storico italiano.
Fondamenti del rilevamento termico con droni: emissività, radiazione infrarossa e materiali tipici
Il rilevamento termico via drone si basa sul principio fisico della radiazione infrarossa emessa dalle superfici, governato dalla legge di Stefan-Boltzmann: Q = εσAT⁴, dove Q è il flusso termico, ε emissività del materiale, σ costante di Stefan, A superficie emettente, T temperatura assoluta. Negli edifici storici, la dispersione energetica si manifesta attraverso differenze superficiali di temperatura di 2–8 °C tra zone isolate e non, rilevabili solo con sensori termici ad alta risoluzione (8–14 μm), sensibili a variazioni di pochi milliKelvin.
Materiali tradizionali come la pietra calcarea, il calcestruzzo a calce e il legno presentano emissività variabili tra 0,90 e 0,98 – valori critici da considerare per evitare falsi positivi. La presenza di umidità superficiale o sporco riduce l’emissività reale, alterando la radiometria: è fondamentale calibrare i sensori con sorgenti termiche standard e correggere l’emissività tramite test su campioni locali, utilizzando database specifici per materiali storici.
“La corretta emissività è la chiave per distinguere una perdita reale da un artefatto ambientale.” – Esperto termografia architettonica, 2023
Compatibilità con il contesto architettonico: rischi e mitigazioni
L’installazione di sensori termici su strutture non meccanizzabili richiede un approccio non invasivo, coerente con le linee guida del Ministero della Cultura e la normativa UNI EN 13187. L’esposizione diretta del drone deve evitare attacchi meccanici o fissaggi che possano danneggiare intonaci, affreschi o elementi decorativi. È consigliabile utilizzare sistemi di montaggio magnetico o a ventosa, posizionati da traiettorie a bassa quota (1,5–3 m) con controllo dinamico del vento (< 2 m/s), garantendo stabilità con algoritmi di stabilizzazione PID. Inoltre, la selezione dei punti di volo deve escludere zone a elevato rischio strutturale, verificabile tramite modelli 3D derivati da laser scanner o fotogrammetria.

Scelta e calibrazione del sistema dronale specialistico
La selezione del drone e del sensore termico è critica: si richiede un sistema multirotore stabile in condizioni ventose (soglia < 2 m/s), con autonomia minima 45 min e carico utile ≥ 2 kg per sensori FLIR Tau2, FLIR Evo o equivalenti, con risoluzione termica ≤ 50 mK e campo visivo 120°. La calibrazione pre-volo deve includere la verifica dell’emissività su campioni locali di pietra calcarea e legno, e la correzione radiometrica per riflessi, angolazione solare e umidità atmosferica, tramite FLIR Research Studio o software alternativi. L’integrazione con GIS è indispensabile: ogni immagine termica viene georeferenziazione tramite GPS differenziale e geocodifica, associandola a piani CAD derivati da scansioni laser, per consentire analisi comparative nel tempo.
| Specifica tecnica | Requisito critico | Nota pratica |
|---|---|---|
| Autonomia minima | ≥ 45 min | Garantisce copertura completa senza interruzioni |
| Carico utile ≥ 2 kg | Sensore termico + drone | Stabilità e precisione della piattaforma |
| Risoluzione termica ≤ 50 mK | Distingue variazioni di pochi milliKelvin | Essenziale per rilevare dispersioni sottili |
| Capacità volo stabile a < 2 m/s | Condizioni meteo critiche | Utilizzo di traiettorie a zig-zag in zone complesse |
Pianificazione del volo e acquisizione dati strutturata
La preparazione inizia con l’analisi del sito: mappatura GIS di zone protette, restrizioni di volo (ZPS, centri storici), accessi e punti di decollo sicuri. Strumenti come DroneDeploy o Pix4Dcapture generano modelli 3D con dettaglio millimetrico, integrati con dati laser scanner per evitare errori di georeferenziazione. La fase operativa prevede il primo volo di ricognizione per validare condizioni meteorologiche e integrità del drone; griglie di volo a bassa quota (1,5–3 m) con sovrapposizione 70% garantiscono copertura completa, essenziale per catturare dettagli termici anche su facciate irregolari o con elementi architettonici salienti.
La tecnica multi-spettrale combina termografia, immagini RGB e NDVI (Normalized Difference Vegetation Index) per discriminare perdite da umidità strutturale, infiltrazioni o degrado vegetale. Ad esempio, una zona con NDVI basso e temperatura superficiale < 12 °C in inverno indica un’infiltrazione attiva, mentre un muro con NDVI normale ma cold spot termico rivela una perdita isolante compromessa.
Elaborazione e analisi avanzata delle immagini termiche
La fase radiometrica elimina artefatti tramite librerie come FLIR Research Studio, correggendo riflessi, angolazione solare e umidità atmosferica. Successivamente, si applica una soglia dinamica basata sulla temperatura media del muro esterno (es. 14–18 °C in inverno), identificando “hot spots” (≥ +3 °C sopra media) e “cold spots” (≤ +2 °C sotto media), con soglie personalizzabili in base al materiale e al clima locale. Algoritmi di machine learning, addestrati su dataset di edifici storici italiani, discriminano anomalie da ombre, vegetazione o apparecchiature esterne, migliorando la precisione del 40% rispetto all’analisi manuale.
Creare mappe termiche stratificate sovrapponendo dati a piani architettonici (CAD) e planimetrie storiche consente di visualizzare dispersioni in relazione a giunti, finestre, cornici e zone di intervento precedente. Strumenti come QGIS o Pix4Dmapper facilitano la geolocalizzazione precisa delle anomalie, con report automatici che evidenziano priorità interventi.
| Fase |
|---|

